La Chiesa
Ci sono luoghi in cui sembra che il tempo si sia fermato da decenni, dove tutti i rumori della città sono respinti, dove polvere e segretezza sono stati per anni gli unici custodi.
Uno di questi, che Sessa Aurunca gelosamente nasconde, è la Chiesa si San Carlo Borromeo. Datare i vari periodi storici è arduo, ma di certo è che intorno al secolo XII, “nel borgo inferiore” sorgeva una Cappella dedicata al culto della Beata Vergine della Neve. Nell’arco di tempo fra il 1211 e il 1253, epoca in cui San Francesco d’Assisi dimorò nella città di Sessa, un proselito di frati ampliò e trasformò la già esistente cappella in un protoconventino intitolato al culto di San Francesco “dei pignatari”.
Nell’anno 1615, fu fondata una “compagnia di laici” – l’attuale Confraternita – la quale, sotto il patrocinio dei nobili governatori De Honuphriis, Rossi e Sorgente, ampliò nuovamente l’intera struttura. Nel 1995 fu riportata alla luce un’iscrizione marmorea che ci tramanda le memorie serafiche, con l’attenta lettura è indicata con esattezza storica l’anno del miracolo di San Francesco a Sessa. MCCXI è l’anno in cui furono ultimati i lavori della nuova chiesa: “IN CULTUM DI: CAROLI BORRHOMAEI ERECTO NUNC DE NUO.../AB ORBE REDEMPTO/MDCCLV”.
Rivisitando i vari periodi storici, l’attento visitatore può notare come l’intera struttura si presenta composta da due distinti corpi di fabbrica: una parte superiore e una parte inferiore dove nette sono le differenze artistiche e funzionali.
Particolare à la cripta che, modificata nel corso degli anni, al tempo del serafico frate d’Assisi conteneva una cella affrescata con l’immagine del Santo nell’atto della preghiera contemplativa (come riporta lo storico Sacco) mentre oggi si presenta con l’influenza dei caratteri artistici del XVIII secolo. Uno stupendo pavimento in riggiole del 1778, ottimamente conservato, raffigura una gran rosa dei venti, intrecciata da volute con una decorazione perimetrale che presenta una fascia di racemi e grappoli d’uva simboli dei doni eucaristici. Sul fondo dell’aula un piccolo altare policromo nasconde la scarsella voltata a botte sulla cui sommità si eleva la croce dei morti.
Sul lato sinistro si allunga con graziosità artistica in forma rettangolare la saletta funeraria, con quattro vasche, due per lato, sulle quali sovrastano dodici nicchie con piccoli seggi: qui erano posti seduti e legati i cadaveri, lasciati a decomporsi seconda una collaudata usanza d’altri tempi. In fondo alla saletta un dipinto della “Madonna delle sette spade con le anime del Purgatorio” sia la cripta sia la parte superiore della chiesa presentano ipogei di diversa grandezza nei quali, da recenti sopralluoghi, è stata notata la presenza d’opere romane “opus reticolatum”. Ed è nella saletta funeraria, Cripta della Chiesa di San Carlodove la presenza della morte vive in ogni suo elemento, che torna alla mente del visitatore o del fedele di turno il monito. “MEMENTO HOMO, QUIA PULVIS ES ET IN PULVEREM REVERTERIS!"
E' questo intrecciarsi d’elementi storici, di viva spiritualità, di profonde tradizioni fa si che questa chiesa sia parte integrante dell’animo del popolo di Sessa. Solo calandosi nella profonda “pietas” popolare dei sessani, solo interpretando i sentimenti che legano ciascun abitante di questa città alla sua terra, allora, e solo allora, si potranno trovare le motivazioni del perché questa chiesa da secoli è apostrofata col titolo di “TERRA SANTA”. ·